Al campo di Foce abbiamo vissuto per alcuni giorni fuori dal mondo. La vita trascorreva a contatto con tutti i generi di animali dell'Arca di Noè. E veramente Foce, come paese, non esisteva se non come luogo d'addestramento per noi allievi ("li mi-litari", come ci chiamavano i paesani ); eravamo noi a crearlo e ad animarlo, almeno nelle ore libere dagli addestramenti.
Un soldato non può dirsi tale se non dopo il battesimo del fuoco: anche per questo Foce resterà uno dei momenti più importanti della nostra esperienza militare. Sarà difficile dimenticare quel fal-sopiano che conduceva alla zona dei "due alberelli", la famigerata zona del nemico, quella ostinata inclinazione che si mostrava in tutta la sua evi-denza solo alla fine dell'assalto quando, volgendo 10 sguardo indietro, si scorgeva il paesino là in fon- do, molto più in basso di quanto avremmo creduto. Ma l'assalto fu soprattutto il momento in cui le squadre, da nomi sulla carta, diventarono realtà umane vive ed operanti. Ci sentimmo più uniti, cominciarono addirittura le rivalità di squadra, di plotone, di compagnia. Era la naturale conseguen-za di un agonismo che era giunto ormai alla sua fase finale dopo tanta preparazione teorica nella caserma di Ascoli.
Ascoli pareva lontana, con la sua sistematica e continua disciplina di orari, e francamente questa sensazione non era spiacevole.
Il rientro riportò in caserma degli allievi più coscienti del loro ruolo attuale e futuro, meno "nebbie", come avrebbero detto gli anziani appena partiti.
 
Pagina precedente pagina precedente Torna all'indice del 60° AUC prossima pagina Prossima pagina
ultimo aggiornamento lunedì 19 settembre 2011